Il percorso seguito nel giorno 31 luglio è misto: in auto si sale verso il colle del Nivolet con due soste (presso il lago Serrù e sul belvedere a metà strada). Arrivati al rifugio Savoia si prosegue a piedi verso il lago Rosset
In cifre ...
Superficie: 0,34 km2
Quota massima del ghiacciaio: 2800 m
Quota della fronte: 2480 m
Esposizione: Nord
La conca del Serrù è dominata dal piccolo ghiacciaio della Capra (detto della Civra fino all'inizio del '900), visibile dall'esterno del museo oltre il lago. E' annidato in un circo glaciale (conca modellata dall'azione abrasiva del ghiacciaio) alla base della parete nord della Cima d'Oin (3280 m). E' alimentato soprattutto dalle valanghe; l'esposizione settentrionale favorisce la permanenza della neve. Per questo la sua fronte, pur coperta da detriti rocciosi, si spinge fino a 2480 m, quota insolitamente bassa per il versante piemontese del Gran Paradiso.
Le morene: ben conservate e di forma singolare, testimoni del passato Il ghiacciaio della Capra è fiancheggiato da morene laterali ben conservate. Queste forme si sono originate durante la Piccola Età Glaciale, periodo freddo e nevoso che ha segnato una fase di forte incremento dei ghiacciai di tutto il mondo tra la metà del 1400 e la metà del 1800. Il ghiaccio in avanzata ha trasportato e deposto una grande quantità di detriti rocciosi, accumulatisi davanti e lateralmente al ghiacciaio. La posizione delle morene indica l'estensione del ghiacciaio nel momento di massima avanzata, probabilmente attorno al 1820.
* dal Glaciomuseo del Serrù, esposizione su clima e ghiacciai locali posto a 2300 m presso la diga del Serrù
La grotta glaciale
Le acque di fusione che si producono sul ghiacciaio, possono inabissarsi all'interno scavando condotti subglaciali. Spesso il torrente forma una galleria lungo il letto roccioso sottostante, e torna alla luce alla fronte attraverso la bocca glaciale. La galleria ê stata osservata dal 1960 al 1991. anno nel quale è crollata. Attualmente non è più visibile.
L'immagine a sinistra è del 1 settembre 1987, quando era profonda circa 40 m. alta circa 5 m e larga 15. A destra, la fronte e la galleria viste il 2 settembre 1990.
Il confronto fotografico mostra la riduzione del ghiacciaio della Capra: l'immagine a sinistra è del 17 agosto 1923, quella a destra del 22 agosto 2001.
Dove si forma?
Un ghiacciaio si forma laddove la neve caduta durante l'inverno non fonde completamente durante l'estate per molti anni consecutivi a causa delle basse temperature. Questo avviene ad alta quota sulle Alpi (come qui a sinistra, nella conca che ospita il ghiacciaio del Carro orientale) oppure nelle regioni polari.
Il bacino di ablazione: dove il ghiacciaio si consuma
Dal bacino di accumulo il ghiaccio si trasferisce verso valle nel bacino di ablazione, che occupa il settore inferiore del ghiacciaio. Qui il ghiaccio viene fuso a causa delle temperature più elevate. Il punto in cui il ghiacciaio ha termine si chiama fronte. A sinistra, bacino di ablazione e fronte del ghiacciaio Gran Neyron (Gran Paradiso).
Il bacino di accumulo: dove si forma il ghiacciaio
In alta montagna, sulle Alpi oltre i 2800-3000 metri, i calori estivi non sono sufficienti a fondere tutta la neve invernale. Parte di questa persiste nel bacino di accumulo (a sinistra sul ghiacciaio Ciardoney, Valle Soana), che occupa il settore superiore del ghiacciaio. Qui la neve si trasforma in ghiaccio.
La linea di equilibrio: entrate e uscite alla pari
Al termine dell'estate il ghiacciaio è diviso in due settori: il bacino di accumulo, dove persiste la neve invernale, e il bacino di ablazione, dove affiora il ghiaccio. Tra questi si colloca la linea di equilibrio, punto in cui la fusione estiva eguaglia l'accumulo invernale (a fianco vista dall'alto sul ghiacciaio di Noaschetta, Valle Orco).
Crepacci e seracchi, quando il ghiaccio si spacca
Il ghiaccio è plastico e deformabile se sottoposto a forti pressioni, ma se le tensioni sono eccessive si frattura. I crepacci sono prodotti da variazioni di forma o pendenza del fondo roccioso. Presso ripidi gradini rocciosi i crepacci si intersecano a formare i seracchi, blocchi di ghiaccio instabili. A sinistra, crepacci sul ghiacciaio del Nel (Valle Orco).
Le morene
Il ghiacciaio trasporta i detriti rocciosi che raccoglie nel suo lento movimento e li depone davanti alla fronte e lateralmente a formare le morene. Si distinguono pertanto morene frontali, laterali, e mediane (quando due o più ghiacciai confluiscono in un'unica lingua).
Due esempi di rocce modellate dall'azione erosiva dei ghiacciaio: in alto presso il Lago Piatta (Vallone del Roc. Noasca), qui sopra presso l'Alpe La Motta (Vallone di Noaschetta, Noasca).
La massa del ghiaccio è pari a circa 900 kg/m3. Un blocco di ghiaccio di 30 x 30 x 100 em come questo ha dunque una massa di 81 kg. Gli attuali ghiacciai della Valle Orco hanno spessori di qualche decina di metri, ma durante l'ultima glaciazione, sopra Ceresole, gravava una coltre glaciale di oltre 1 km di spessore. Le enormi pressioni esercitate sul fondo roccioso, unite al movimento del ghiaccio e al detriti rocciosi, esercitano una potente abrasione (effetto carta vetrata) che modella le rocce foggiandole in forme arrotondate dette montonate per l'analogia con il dorso di un montone. Talora il ghiacciaio in ritiro abbandona massi presenti sulla sua superficie, detti erratici. Sono segni inequivocabili dell'antica presenza di un ghiacciaio.