Il sentiero geologico tra Vogogna e Premosello offre l'eccezionale opportunità di "attraversare" la crosta continentale, osservando rocce formatesi a differenti profondità e in periodi diversi. Lungo un itinerario attrezzato si passa dal paleocontinente europeo, coinvolto nella genesi delle Alpi (50 -30 milioni di anni fa), al paleocontinente africano, che conserva rocce e strutture formatesi circa 300 milioni di anni fa; al contempo si "scende" fino al contatto tra crosta e mantello, di norma posto a 30-35 km di profondità e qui riesumato dai processi tettonici .
E' una delle poche sezioni crostali complete esposte: dalla crosta continentale superiore fino al mantello. La crosta continentale ha uno spessore medio di 30-35 km: è molto più spessa di quella oceanica (circa 6 km in media) ed è di composizione assolutamente diversa. Viene normalmente divisa in "crosta superiore", fino a circa 20 km di profondità, e "crosta inferiore (o profonda)" oltre i 20 km. Al di sotto della crosta, separato dalla importante discontinuità di Mohorovicic (detta Moho), si trova il "mantello terrestre". Il mantello è costituito da una roccia ricca di minerali di magnesio, chiamata "peridotite". La complessità geologica dell'area del Parco Nazionale Val Grande è legata ad eventi geologici svoltisi molte decine di milioni di anni fa, che hanno portato eccezionalmente ad affiorare la crosta continentale profonda nella celebre "Zona Ivrea Verbano", una unità che occupa gran parte del territorio del Parco.
Si trova inoltre in quest'area la più importante discontinuità dell'edificio alpino: la "Linea del Canavese", parte della "Linea Insubrica" (o limite Alpino-Dinarico), una faglia (frattura con spostamento delle due parti a contatto) lungo la quale si è verificato il sollevamento della parte alpina di almeno 20 km, e la sua traslazione verso NE di decine di km. La linea del Canavese ha in questo tratto una direzione NNE-SSW ed immerge verso WNW di 45 - 60 gradi. Le rocce della "Zona Ivrea Verbano" sono originarie rocce sedimentarie e intrusive mafiche che hanno subito trasformazioni metamorfiche a temperature tra gli 800° e i 900°C, con pressioni dell'ordine della decina di migliaia di atmosfere. Nel territorio del parco si può osservare il contatto tra le granuliti (crosta profonda) e le peridoti (mantello), contatto che ben rappresenta una Moho.
Val Grande Parco Nazionale della Val Grande: Carta Geologica (Burlini L., 2008) è scaricabile da http://www.sesiavalgrandegeopark.it/images/geologia/cartografia/VLGedit8flatt.jpg
Queste rocce fortemente laminate e deformate sono la testimonianza del movimenti avvenuti lungo la linea del Canavese, una faglia lungo la quale l'edificio alpino propriamente detto si è giustapposto a rocce molto più antiche, sollevandosi di almeno 20 km.
Tutte le granuliti sono rocce metamorfiche della crosta continentale profonda. Le granuliti mafiche contengono pirosseni, minerali scuri anidri, la locale presenza di orneblenda (idrata) indica incompleta disidratazione. Talvolta mostrano una bandatura composizionale ereditata dalla roccia magmatica intrusiva originaria, un gabbro stratificato.
Granuliti di colore chiaro, descritte per la prima volta in Valle Strona, da cui prendono il nome, Rappresentano il residuo
refrattario della fusione parziale, nella crosta profonda, di rocce sedimentarie argillose; per questo sono ricche di alluminio, che si esprime nella presenza di silicati di alluminio come sillimanite e granato.
Queste rocce sono definite terremoti fossili perchè si generano in concomitanza con un sisma. Il calore di frizione generato dai movimenti lungo faglie profonde può raggiungere temperature tanto elevate da provocare la fusione istantanea della roccia. Il fuso si inietta nelle rocce fratturate e solidifica immediatamente sotto forma di vene vetrose scure e compatte.
Le peridotiti costituiscono la maggior parte del mantello terrestre. Contengono quasi esclusivamente minerali mafici olivina e pirosseni. Le peridotiti qui presenti sono delle harzburgiti (olivina + ortopirosseno) contenenti spinello, un minerale che indica la provenienza di queste rocce da una profondità di almeno 35 km. Si tratta quindi di un mantello litosferico subcontinentale.
Dal belvedere su rocce affioranti costituite da granuliti mafiche a pirosseno e granato e rare zone "pegmatoidi" a grana grossa, si può osservare la morfologia della valle e fare interessanti osservazioni geomorfologiche sul fondovalle e sul versante opposto dell'Ossola. Il fondovalle è pianeggiante come risultato del riempimento di un canyon pre-glaciale da parte di depositi fluvioglaciali dopo il ritiro del ghiacciaio ossolano. Il versante opposto presenta forme arrotondate fino a quote elevate (intorno ai 1,500 m), cioè fino ai livello massimo del ghiacciaio pleistocenico. Al di sopra, dove non si è manifestata l'azione modellatrice
del ghiacciaio, le forme sono aspre, modellate solo dall' azione di gelo e disgelo in ambiente periglaciale. Osservando le incisioni
vallive di fronte a noi proviamo a valutare mentalmente il volume di roccia che deve essere stato eroso per scavarle e compariamolo con il volume della conoide allevionale allo sbocco sul fondovalle. E' chiaro che quest'ultima è molto ridotta al confronto: le incisioni in esame sono state quindi scavate dall'erosione prima del riempimento post-glaciale del fondovalle.
I testo sotto queste fotografie sono tratti da https://www.parcovalgrande.it/percorsi_dettaglio.php?id_iti=2770
Un video dove viene commentato accuratamente il percorso è il seguente